1470176 542176555858862 506155270 nFortunale a San Benedetto del Tronto. Capitaneria e giornali parlano di Forza 11. Noi che eravamo lì non lo sappiamo, non abbiamo a bordo gli strumenti per misurare il vento, ma importa poco. Vento da est-nordest violento, certamente, mare di tre/cinque metri che entrava dall’imboccatura del porto. Un inferno. I pescatori di ottant’anni ci dicevano: “mai visto nulla di simile”.

Mediterranea ha rotto gli ormeggi, pur se raddoppiati, è andata alla deriva sul molo a riva, ha sbattuto prua e murata di dritta. Poi, nuovamente ormeggiata, nonostante le 16 linee che avevamo messo per tenerla a terra, ha strappato cime su cime per tutta la notte…

Alle 6.30 il vento è calato, quasi 24 ore dopo l’inizio del fortunale. Intorno, distruzione e desolazione dovunque. 6 barche affondate, decine di barche con falle da un metro nell’opera morta, barche disalberate… Una scena raccapricciante.

Ma Mediterranea è salva. Ha subito danni pesanti, ma è ancora in grado di navigare. Per poco, per un pelo, per un’inezia, poteva non esserci più, poteva finire sul fondo limaccioso del porto, dove sarebbe stata sostanzialmente irrecuperabile. Le barche si perdono a terra“, come scrive il marinaio-scrittore Arturo Perez-Reverte. Ed a terra, su un molo, noi abbiamo rischiato di perderla. Una barca che affonda muore, a meno di spendere più soldi di quelli che servirebbero per comprarne un’altra, o per decidere di smettere di navigare. E proprio questo ho pensato l’altra sera: “se affonda smetto”. 

Non so perché l’ho pensato, non so quanto fosse il risultato della pena, della tensione, della paura. Ero sul treno, ingabbiato, recluso, impossibilitato ad agire, stavo “accorrendo” a salvare la barca seduto in uno scompartimento su un vagone lento, che per il nubifragio spesso si fermava e restava immobile per minuti… Non auguro a nessuno di “accorrere” in treno, mai, in qualunque luogo. E mi ricordo che ho pensato: “se va giù smetto”. 

La scena a pochi metri da Mediterranea, il mattino dopo

La scena a pochi metri da Mediterranea, il mattino dopo

 Ma Mediterranea non è andata giù. Merito suo, cioè del grande Michel Bigoin che l’ha disegnata e insieme al CNSO (il mitico Cantiere Nautico del Sud Ovest) costruita dura, solida, lottatrice. Merito delle sue gallocce invincibili, della sua prua da incrociatore, delle sue murate dure ed elastiche, della sua ossatura da gigante, della sua solidità strutturale complessiva. Merito anche dei pescatori e marittimi Otello, Nazareno, Franco e Gigi che l’hanno recuperata a forza quando ha rotto le 4 cime d’ormeggio e andava alla deriva nel porto, sbattendo forte contro il molo a riva. Merito di Marco e mio che l’abbiamo raggiunta il prima possibile, imbrigliata in 16 cime d’ormeggio, protetta con i copertoni di camion quando tutti i parabordi sono esplosi e la furia del mare salito la depositava sulla banchina. Merito… se ha senso parlare di meriti, come di colpe, quando la natura vuole dimostrarti chi è il più forte sul pianeta Terra.

I danni sono ingenti. Una lista lunga come un foglio A4 di cose rotte, irrecuperabili, aggiustabili, divelte. Tanti lavori, un bel problema per noi. L’assicurazione non ce li risarcirà. Forse dovremo fare ricorso a una grande colletta per salvarci, per non far morire il sogno di Mediterranea. Ma noi, certamente, proseguiamo, andiamo avanti. Come se la burrasca fosse ancora forte. Mediterranea c’è ancora, questo conta. Non era ieri il suo momento. Non ancora….

Simone

San Benedetto del Tronto-20131112-01566