Serra Yilmaz

 

(di Simone Perotti)

“I turchi non sono un popolo del Mediterraneo…” Bell’inizio, non me lo aspettavo. Mi piace quando c’è da risalire la china, e con Serra Yilmaz sembra che sia così. E’ a Firenze (l’intervista è stata realizzata nel gennaio u.s., ndr) perché da quindici anni riscuote un successo da record con un suo spettacolo teatrale, il cui gradimento sembra non esaurirsi negli anni. Ed è accigliata, ci guarda forse perfino con qualche sospetto. Dopo capiremo perché.

Le spiego meglio cos’è Progetto Mediterranea, cerco di spiegarle chi siamo. Forse questo aiuta a farla rilassare. “Tutto quello che cerco, lo trovo nel Mediterraneo. Io adoro il Mediterraneo, che per me è la zona egea”. Le chiedo cosa intendesse dire all’inizio: “I turchi vengono dall’Asia, sono introversi, scuri, un melting-pot, grandi bevitori, un po’ malinconici, e la lingua turca è un crocevia di genovese, veneziano, greco. Alcuni, parecchi turchi, il mare non l’hanno mai visto. Quelli che abitano nelle regioni interne dell’Anatolia ad esempio”.

Che rapporto hai con l’Italia? “Ho conosciuto l’Italia attraverso una famiglia franco-italiana. Con loro, che adoravo, con cui sono rimasta sempre in rapporti affettuosi da allora, da quando avevo undici anni, ho conosciuto l’Italia. Mio padre era un critico cinematografico, e credo che il cinema sia il modo migliore per capire il Mediterraneo. C’è tanto Mediterraneo nel cinema, a volte più di quanto non ce ne sia nella vita reale”. Le chiedo cosa pensi di una cittadinanza mediterranea comune, un comune nuovo modello mediterraneo da seguire al posto dei modelli altrui. Mi pare che su questo entriamo davvero in sintonia, perché Serra alza le sopracciglia, concorda pienamente, e così finiamo a parlare di politica. Era inevitabile.

“La crescita della Turchia è drogata dall’edilizia, che sta distruggendo tutto. Danni enormi al territorio. E danni anche potenziali per l’islamizzazione progressiva di uno stato tradizionalmente laico. Oltre al pericolo per la repubblica rappresentato da alcune posizioni politiche rischiose”. I vostri intellettuali sono d’accordo con te, fanno qualcosa? “Sì, fanno qualcosa, ma non urlano come dovrebbero. C’è una sorta di autocensura fortissima. La gente non arriva a farsi bacchettare, si ferma prima. Il suo urlo, la sua voce, si strozza in gola. Tanta gente teme conseguenze. Anche perché la sinistra è semi-scomparsa. Il terreno fertile è la povera gente, come spesso capita, che per bisogno non oppone resistenza al filtro di idee e posizioni estremiste. C’è forte tensione sociale…” Serra è coinvolta, si vede che parla perché ricorda, non solo perché deduce. E’ una testimone di un mondo. Vorrei chiederle tante cose sull’Anatolia, ma è impossibile, e comprensibilmente, parlare d’altro. La ascoltiamo ancora mentre spiega che la situazione economica è spesso alla radice dei problemi che parrebbero religiosi e politici, dei problemi che ha ascoltato e di quelli che ha avuto lei. Poi deve andare, la salutiamo. Speriamo di incontrarla ancora.